Marzo 2016, Filippine. È qui che avviene una misteriosa e macabra scoperta: una piccola barca a vela abbandonata alla deriva, con l’albero spezzato e gran parte della cabina sott’acqua. L’imbarcazione porta il nome di Sayo, è lunga 12 metri e dell’equipaggio non c’è traccia. A bordo solo il corpo di un uomo mummificato. L’uomo è Manfred Fritz Bajorat, 59 anni, noto skipper tedesco. Di lui si erano perse le tracce qualche anno prima, durante un viaggio in solitaria in giro per il mondo.
La scoperta
Il ritrovamento avviene per puro caso al largo dell’isola di Guam, nel Pacifico, a circa 50 miglia dalle coste delle Filippine. A fare la macabra scoperta è un’altra barca a vela, la LMAX, impegnata in una regata. Una volta a bordo lo scenario che si presenta ai soccorritori, tra cui il 23enne Christopher Rivas, è agghiacciante: tra scatolette di cibo, vestiti e foto di famiglia, scoprono il corpo di un uomo completamente mummificato adagiato sul tavolo, la testa reclinata su un braccio, accanto a lui una lettera e una radiotrasmittente.
Gli ultimi momenti di Manfred Fritz Bajorat
Dall’autopsia i medici hanno ritenuto che Manfred sia deceduto per cause naturali, probabilmente in seguito a un attacco cardiaco, circa una settimana prima del ritrovamento. La presenza della radiotrasmittente accanto al corpo lascia pensare che, al momento della morte, stesse cercando di chiamare aiuto via radio. E la lettera? La lettera, scritta di suo pugno, è indirizzata alla ex moglie, Claudia, scomparsa nel 2010 dopo una dura lotta contro il cancro.
“Per trent’anni abbiamo percorso assieme lo stesso cammino. Poi il potere dei demoni è stato più forte della forza di vivere. Ora sei andata via. Possa la tua anima trovare pace. Il tuo Manfred.”
Queste le ultime parole dello skipper rivolte alla donna.
Cosa è successo realmente a bordo del Sayo?
È difficile ricostruire con precisione cosa sia accaduto a bordo del 40 piedi. Dall’analisi dell’imbarcazione risulta che fosse perfettamente integra e funzionante al momento della morte di Manfred. Chi lo conosceva l’ha descritto come un velista esperto, che mai si sarebbe avventurato in mare con condizioni meteorologiche sfavorevoli. I danni riportati, come l’abbattimento dell’albero, si sarebbero dunque verificati in seguito alla scomparsa dell’uomo.
Ma c’è un fatto che ha lasciato perplesse le forze dell’ordine intervenute a fare luce sull’accaduto. Accanto al corpo infatti, oltre alle foto di famiglia e alla lettera indirizzata alla ex moglie, sono stati ritrovati diversi effetti personali distrutti intenzionalmente. Da qui l’ipotesi che l’infarto sia sopraggiunto in seguito alla dolorosa scoperta della morte della moglie, da cui l’uomo si era separato nel 2008. Era stata proprio la separazione a spingere l’uomo a partire per un viaggio in solitaria intorno al mondo, dopo che per anni aveva viaggiato insieme alla compagna. Che preda della disperazione e dello sconforto Manfred si sia sfogato distruggendo ciò che lo circondava e abbia poi avuto un attacco di cuore? È uno scenario possibile, ma questa è solo un’ipotesi. La verità rimane un mistero.
Come ha fatto il corpo a mummificarsi in pieno oceano?
Il fenomeno della mummificazione, invece, non è affatto un mistero ed è stato spiegato dal dottor Peter Vanezis “L’aria, l’alta temperatura e la salsedine del mare sono tutti elementi molto favorevoli alla mummificazione” ha dichiarato il professore di patologia forense.
Un corpo può venire mummificato dalla sabbia del deserto, grazie al sale cristallizzato che lega i liquidi e impedisce la proliferazione dei batteri. Lo stesso può accadere anche grazie al vento e all’aria secca che sottraggono i liquidi a un organismo privo di vita. La natura può favorire la mummificazione anche in ambienti artificiali come cantine, solai e cripte, dove la conservazione è causata da un insieme di fattori quali correnti d’aria e temperature stabili.
Nel caso dello sventurato marinaio, probabilmente i venti oceanici, le alte temperature e l’aria salmastra hanno contribuito a preservare il suo corpo intatto e mummificato.