È una storia affascinante e travagliata quella che ruota intorno all’ammutinamento del Bounty. Una storia di amore e passione, ma anche di scandali e omicidi. Il Bounty era una nave mercantile acquisita dalla marina militare inglese, con una missione ben precisa: raggiungere Tahiti, prelevare alcuni esemplari di albero del pane e trasportarli nei Caraibi. Al comando dell’impresa c’era il capitano Bligh, che partì da Spithead in Inghilterra nel dicembre del 1787. Il viaggio fino a Tahiti durò un anno, tra numerosi e vani tentativi di doppiare Capo Horn. Causa il maltempo, Bligh fu costretto a scegliere la rotta più lunga, passando da Capo di Buona Speranza. Il ritardo costrinse la nave a restare a Tahiti per cinque mesi, aspettando che gli alberi arrivassero a maturazione così da permetterne il trasporto.
L’ammutinamento
Furono forse quei cinque mesi la causa dell’ammutinamento più celebre della storia. Dopo un anno passato in mare su una nave di 30 metri, i 44 marinai si trasferirono a terra e vissero insieme agli indigeni tahitiani. Stando al giornale di bordo, l’equipaggio si divertì parecchio con i tanto ospitali abitanti di Tahiti. La dura disciplina imposta dal capitano Bligh durante il viaggio di ritorno, volta a recuperare il ritardo accumulato, sembrò essere una buona causa per l’ammutinamento. In realtà la ribellione fu probabilmente giustificata dal desiderio di alcuni marinai di tornare a Tahiti dalle tahitiane. Quasi tutti, infatti, si sposarono con una di loro. Quale che fosse il motivo, il 28 aprile del 1789 un gruppo di marinai capeggiati da Christian Fletcher, si impossessò delle armi di bordo e fece prigioniero il capitano. Bligh fu costretto a imbarcarsi su una scialuppa insieme a pochi altri, con un sestante, un orologio da tasca e qualche provvista. Nonostante la fame, la sete e le intemperie, Bligh riuscì a tornare in Inghilterra, dove denunciò l’ammutinamento.
Una nuova vita
Intanto Fletcher insieme agli altri ammutinati, a bordo del Bounty, tornarono a Tahiti, ma non per rimanerci. L’isola si trovava sulle rotte della marina britannica e il rischio di venire scoperti era troppo elevato. Fecero rifornimento e imbarcarono le provviste necessarie e le donne con cui avevano stabilito una relazione nei cinque mesi di sosta sull’isola. Fletcher, altri 8 marinai, 6 uomini tahitiani, 18 donne e un bambino, partirono quindi alla ricerca di un posto sicuro dove nascondersi. Dopo qualche giorno, sbarcarono finalmente su una piccola isola disabitata, Pitcairn, la cui posizione era errata sulle carte geografiche. Bruciarono la nave e si insediarono in quello che sembrava un luogo ideale dove cominciare una nuova vita.
La vita sull’isola
Gli anni successivi furono in realtà caratterizzati da violenze e omicidi. Prima una ribellione dei maschi tahitiani e poi le successive rappresaglie decimarono la già esigua popolazione. Dopo pochi anni, uno dei marinai riuscì a distillare una bevanda alcolica. Complice l’alcol, mentre l’isola si popolava di bambini, la violenza cominciò a dilagare e gli ammutinati, sempre ubriachi, continuarono a uccidersi tra loro. Alla fine ne rimase solo uno, John Adams, insieme a otto donne e molti bambini. Nel 1808 Pitcairn venne scoperta da una nave americana e la notizia del ritrovamento degli ammutinati del Bounty si diffuse in tutto il mondo. Nel 1825 Adams ricevette il perdono reale e morì quattro anni dopo. Nel 1856 a Pitcairn abitavano 194 persone, tutti discendenti dei 9 marinai sbarcati dal Bounty. Ma l’isola non era più in grado di mantenerli, perciò il governo britannico decise di trasferirli nell’isola di Norfolk, che oggi appartiene all’Australia.
La storia recente
Nel corso degli anni alcune famiglie tornarono a Pitcairn e sia lì che a Norfolk si parla oggi uno strano miscuglio di tahitiano e inglese, infarcito di parole del gergo marinaresco. Tutti gli abitanti di Pitcairn e metà di quelli di Norfolk sono discendenti degli ammutinati del Bounty. L’ammutinamento del Bounty è stato raccontato in tre film, con Clark Gable, Marlon Brando e Mel Gibson, nella parte di Fletcher. A Pitcairn, in onore del giorno in cui venne bruciato il Bounty, il 23 gennaio si festeggia il Bounty Day. A Norfolk invece la stessa festività si celebra l’8 giugno, in ricordo del trasferimento sull’isola nel 1856.